Dei e regni sarebbero caduti nell’oblio condividendo il fato di manufatti e azioni umane. L’uomo sembra contagioso con la sua mortalità e la dimenticanza. Astolfo se ne andava per la luna pensando a quanto fosse labile la mente umana, mentre re Carlo si perdeva per il bosco pensando a quanto fossero sfortunati i propri soldati. Alcuni impazzivano, altri scomparivano, o soffrivano nell’amare un nemico, o perivano sul corpo di un compagno morto. Qualcuno si trasformava persino in cavernicolo e tentava di trascinare qualche bella giovane in una caverna. Quella guerra era proprio strana: i paladini si allontanavano dal campo di battaglia di continuo e belle fanciulle si aggiravano tra i cavalieri come se stessero assistendo a una parata militare. Re Carlo inziava a perdere la pazienza.
Mentre il re si innervosiva, Astolfo giunse in riva a un largo fiume, che aveva l’aria di essere anche molto profondo. Questo corso sembrava a sua volta generato da una cascata che si perdeva nell’immensità dell’universo. Ad Astolfo non venne nemmeno in mente che potesse contenere acqua questa strana visione: era ormai consapevole delle strane regole che vigevano sulla luna, o della loro assenza. Inoltre, non c’era rumore d’acqua scrosciante, ma una sorte di sbuffo ininterrotto e amplificato che proveniva dal fiume. A vederlo da vicino, sembrava costituito da figure umane molto allungate e assottigliate tanto da cancellare quasi del tutto le fattezze. Una assomiglava, però, proprio a re Carlo, con tanto di corona.
“Voce senza nome, che cosa sono queste?” urlò Astolfo al vuoto.
“Per una volta mi chiami tu in persona, strano. Comunque sono le pazienze. Hai presente quando ti lamenti di aver perso la pazienza? Ecco, in quel frangente la tua pazienza si trova qua sulla luna, precipita dalla grande cascata e scorre via, fino al lago senza fondo, che si trova sul lato oscuro della luna. Io non vado mai da quelle parti, per timore di perdermi del tutto”.
Astolfo sembrava essere molto divertito. Anche gli uomini più pazienti raggiungono il loro culmine, per poi sbottare stizziti contro la causa del disturbo.
“Ma la pazienza torna” osservò Astolfo.
“Certo” rispose la voce “la pazienza torna, il tempo perso a sbuffare no”.
Il sorriso sul volto di Astolfo si allargò: quella voce cominciava a stargli simpatica.
Molto carino 😀 e saggio anche 😉
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Grazie!
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