Classics saved me

“Classics saved me” è un’espressione usata da una mia amica durante un suo discorso. Non è la prima volta che l’ho sentita usare queste parole, ma questo concetto mi ha sempre colpita, perché per me l’università di lettere classiche ha cosparso il terreno di ostacoli e di delusione. Eppure anch’io ho scelto questa strada per salvarmi, in qualche modo, da un periodo che mi stava consumando.

Effettivamente a lei questa strada ha dato diverse occasioni per essere contenta, anche se non ci sono stati momenti di sconforto. Ha conosciuto suo marito grazie a un viaggio di studio all’estero e ha deciso di continuare a studiare la materia che più le piace vicino al suo amore. Non male, anche se ha ancora qualche ostacolo da superare.

Io non ci sono riuscita, e più di una volta ho maledetto quella volta che ho scelto una laurea umanistica. Per quanta passione ci abbia messo mi sono sempre scontrata con qualche delusione: da professori che non avevano più voglia di insegnare, a materie stupende ridotte all’osso per permettere a tutti di superare l’esame, ho trovato l’università una semplificazione molto al di sotto delle mie aspettative. Ottimi voti, certo, ma zero soddisfazioni.

Uno dei miei difetti è quello di non riuscire a stare ferma. Per cui al quarto anno mi sono sentita soffocare dalla tanto decantata accademia, dai suoi meccanismi che permettono anche a chi non sa nemmeno la sintassi o a chi non ha fatto mezzo esame di filologia di laurearsi a pieni voti, magari con una tesi compilatoria. Ma un altro mio difetto è la testardaggine: ho finito la magistrale, preso la laurea, ottenuto un altro inutile diploma e cercato un angolo di pace nel mondo.

Bella idea, complimenti. Si è aperto uno psichedelico susseguirsi di tirocini, contrattini, parcellette, collaborazioni, pagati meno di nulla, forme di lavoro che dovrebbero essere vietate e non fomentate, ma gli interessi in gioco sono molti e vanno a favore di una categoria privilegiata e, di conseguenza, molto protetta.

Nel mio discorso avrei detto “Classics destroyed me”, ma non sarebbe del tutto vero. Ho imparato molto in quegli anni, soprattutto ho imparato a reinventarmi e non a fossilizzarmi su qualche periodo del basso impero o su un autore di secoli fa.

Come possono essere complessi e diversi cammini nati assieme.

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Tanta fatica per nulla

Il tempo mostra le crepe del muro. Si deposita su queste fenditure come polvere d’oro rendendole evidenti a qualsiasi passante. Il tempo mostra le debolezze, vi si incunea dentro, per poi staccare la superficie.

Poco importa quanta fatica sia stata richiesta per realizzare la parete. Poco importa se sia parte di un magnifico castello o di un’umile dimora. Alla fine crollerà. E se ciò non dovesse accadere, se il muro dovesse rimanere eretto, questo avverrà solo grazie alle erbe selvatiche, alle radici ribelli, sottili, ma forti come calce. La vita rende vivo tutto ciò che sfiora. Le crepe d’oro diventano suture rigogliose.

Dopo anni di stenti e di impegno per creare una meraviglia, non rimane che un rudere selvatico mangiato dal bosco. Tanta fatica per costruire mondi e opportunità sfumate nel ventre primitivo.

Atlantide

Viaggiate per mare, solcate le acque, osate varcare confini che mai nessun uomo ha avuto l’ardire di superare. Solo allora troverete un’isola dimenticata, sconosciuta. Le leggende narrano che il suo re sia in realtà il figlio del dio del mare. Fermatevi, intrepidi viaggiatori, perdetevi tra le vie di questa città mai visitata da stranieri.

Ammirate le strade lastricate, che vi accompagnano tra le case e palazzi, per giungere infine alla piazza principale. Qui ad Atlantide non esistono costruzioni vertiginose, non viene usato cemento, ma il materiale prediletto è la pietra che la stessa terra dona. In ogni punto potrete perciò ammirare il cielo senza che costruzione umana blocchi il vostro sguardo.

Le dimore non vengono sbarrate e chiuse come casseforti, le finestre non sono murate. Nessuno teme il vicino o il passante, perché tutti gli abitanti sono uguali, godono degli stessi diritti, hanno le medesime possibilità. Nessuno è ridotto a miseria, nessuno e costretto a chiedere l’elemosina.

Guardate la vasta piazza. Una magnifica apertura circolare, orlata da portici che imitano un merletto. È come se dialogasse con il cielo: il bianco della pietra riflette la luce del sole, prova a imitarlo, diventando un occhio cangiate al centro del mare turchese.

Qui potete trovare il mercato, tutte le merci migliori dell’ecumene. Sentiti i profumi delle spezie che raccontano di terre lontane, di genti sconosciute, osservate il colore della frutta, che sembra aver sottratto al sole una barlume della sua luce. E poi stoffe colorate, che passano tra le sapienti mani delle donne, perle che mandano i loro riflessi discreti, imitando il riverbero del mare.

Là in fondo si aprono le porte del palazzo regale, e sembra essere la continuazione della piazza. Anche questo è fatto di pietra, ma è ricoperto interamente di sottile madreperla e incrostazioni di conchiglie. Dicono che sia dono del padre al figlio per ricompensarlo di aver accettato di governare su dei semplici mortali.

Entrate, siete i benvenuti. Vi aspettano mense imbandite, bagni per ristorarvi e stanze dove riposarsi.

Si dice che l’invidia sia in grado di corrompere qualsiasi cosa tocchi. Si dice che sia più temibile della ruggine per il ferro. Qualcuno di voi ha iniziato a far girare strane voci e ora avarizia a rancore germogliano nei cuori degli abitanti. Gli occhi si fanno più torbidi, non guardano più in faccia, ma si girano obliqui.

Anche le divinità iniziano a privare questa isola del loro appoggio. Troppo felici gli uomini, troppo spensierati. Poche sono le preghiere e le richieste rivolte agli dei, pochi i sacrifici.

Ora cominciano i litigi e le lotte, e con i litigi iniziano piogge torrenziali e incessanti e improvvise scosse che smuovono la terra. Il dio del mare colpisce il suolo, il dio del cielo lo innonda. Per due giorni e due notti l’ira divina e quella umana piegano la città.

Infine Atlantide sprofondò negli abissi. Solo la leggenda la renderà immortale.