Confusione

Cominciamo con il cane. Il cane se ne stava tranquillo davanti alla porta di casa. Avrebbe potuto essere una di quelle inquietanti statue di ceramiche che talvolta sgusciano in incubi per tentare di azzannare il malcapitato. Tuttavia il fremito che di tanto in tanto lo percorreva assicurava che fosse un essere vivente. Anche le orecchie facevano dei movimenti, quando cercava di capire se ci fossero degli sviluppi interessanti dall’interno della casa. Ma fino a quel momento nessuno aveva aperto la porta.

No, anzi, niente cane. La prospettiva canina è ormai stata impiegata talmente spesso da risultare logora. E la trovo troppo stucchevole.

Passiamo invece alla fanciulla diafana, quella si sta dondolando sull’altalena. I capelli disegnavano arabeschi in aria mentre prendeva la rincorsa per andare spingersi sempre più in alto. Sembra quasi che voglia spiccare il volo. Ma il volto è un po’ triste, e di tanto in tanto il corpo sembra perdere consistenza, diventare quasi trasparente.

Fantastico, il fantasma che si dondola mi sembra davvero un’idea innovativa. Ma davvero? Sembra che la confusione stia regnando. Lunga vita al caos!

“Lunga vita al caos!” sbraitarono gli abitanti della notte. Non che fossero creature notturne, ma prediligevano i posti bui, senza luce. Per questo avevano grandi occhi neri, spalanchi nello sforzo di vedere anche le ombre minuscole e insignificanti. Dagli abitanti della luce erano conosciuti come servi del caos, per il semplice fatto che gli esseri della notte seguivano leggi del tutto incomprensibili a quelli del giorno. E di certo l’esclamazione con cui accoglievano il proprio re non contribuiva a far cambiare loro idea.

Dicotomia luce e buoi: un po’ manichea, non credi? E magari ci facciamo nascere un bell’amore proibito alla Romeo e Giulietta. Scontato. Proprio scontato.

Si trattava di un assassinio. Non ci voleva una persona particolarmente dotata per capirlo: il corpo presentava numerose ferite inferte da un pugnale che giaceva insanguinato a lato della vittima. Il problema era risalire a chi lo avesse impugnato.

Un accoltellamento? Un po’ vecchio stile. E poi i gialli hanno stancato.

Il corpo riverso a terra era familiare. Gli occhi ormai vuoti e sbarrati guardavano il nulla, mentre sulle labbra aleggiava una vaga smorfia di disprezzo.

Ma mi hai ucciso? Come osi? Cambia subito!

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Manca poco

Ormai mancava davvero poco per raggiungere la perfezione. Bastava approntare qualche miglioria, limare le ultime sbavature, e il capolavoro sarebbe stato ultimato. La fatica di una vita finalmente avrebbe dimostrato a tutti la sua grandiosità.

Tutto era nato da un desiderio, il desiderio di cambiare la propria testa. Era ormai diventata un labirinto colmo di stanze oscure e senza senso, corridoi che si bloccavano improvvisamente, intrichi di passaggi che non portavano da nessuna parte. La soluzione era, ovviamente, cambiare la parte avariata.

Aveva pertanto deciso di cambiare la testa. L’inventore era un meccanico, e se c’era una materia in cui eccelleva, quella era sicuramente la riparazione. Ideò, quindi, una testa perfetta, per nulla complessa, limpida come l’acqua di una pura fonte. Addio ai mal di capo. Addio alla confusione e allo smarrimento, alla tristezza e allo scoramento. Era giunta l’ora del cambiamento.

E, per l’appunto, mancava poco, pochissimo. Bastava rimuovere la testa precedente. Poi un meccanismo avrebbe unito in automatico la nuova testa, in modo da ovviare al problema di un corpo cieco.

Era giunto il momento: mise il capo sotto la lama, prese la corda con le mano, e, con uno sospiro, tirò.

Minuti ore secondi

È una lenta danza che si dilata e si restringe. Le ere si sgretolatano in fiumi di secondi per sfociare in mare densi di minuti. E gli anni diventano epoche, mentre le epoce cercano la loro voce nelle ore.

Il tempo è una creatura curiosa, un onnivoro che potrebbe ingoiare anche se stesso. È silenzioso come un felino, è paziente come ogni cacciatore, talvolta è frettoloso come un bambino.

Basta un attimo di ciglia e i minuti trovano casa nelle ore. Basta un sospiro e le ore si spargano nell’universo in secondi.

Minuti, ore, secondi. In questa confunsione nulla ha più senso. Non il tempo, non la paura del tempo. Rimane solo lo smarrimento e un oceano di giorni perduti nel nulla.

Non capisco…

Pardon

Hai imparato il francese?

Era per non creare traumi. Ho sentito un accento francese negli ultimi giorni.

Lascia perdere. Io non so il francese. E non capisco perché debbano parlare inglese con pronuncia francese. E già capisco poco di mio. Cosa vuoi, in ogni caso?

Sono comparsi strani oggetti non identificati nell’acquario. Mi devo preoccupare?

Attento che non ti mangino.

Sblurp! Possono?

Che credulone, ti pensavo più intelligente.

Sono intellugente. Splurb! Per esempio questo, cos’è?

Lascialo giù. È una roba virtuale, che non so cosa debba fare. Non toccarlo: sono già abbastanza in confusione così.

Sblurp. E questo.

Saperlo! Secondo te?

Secondo me questa boccia si sta riempiendo di guai.

Per una volta, penso tu abbia ragione.

Sblarp, sblurp! Siamo proprio rovinati! Sblorp!

E pensa che non puoi neanche scappare.

Non ricordarmelo. Sblerp!

Confusione

È un mondo confuso, fatto di aculei e di tentacoli. È un mondo feroce e ingannatore. Ci sono pesci capaci di mimetizzarsi, di assumere la forma perfetta di una roccia o di scomparire nel fondale, pronti a scattare come una trappola per le incaute prede. Talvolta la veste mimetica è solo un modo per nascondersi, per scomparire nella speranza che la vasta ingordigia vinca sulla debolezza.

È una confusione che non trova una risoluzione. Non ci sono gabbie che delimitino gli spazi, non ci sono etichette che cataloghino le specie pericolose da quelle innocue. Gli habitat si fondono, i loro abitanti sviluppano letali macchine di difesa o di attacco. Compaiono aculei velenosi, barricate innalzate contro un nemico che ha assunto un aspetto multiforme, o contro una vittima che tenta di fuggire, forse tendendo una trappola. Si spargono per acque all’apparenza innocua tentacoli che cercano di stritolare chiunque osi invadere il territorio, che sia di passaggio o che effettivamente avesse una volontà belligerante.

Nulla è più certo, se non che il più forte tenterà di fare di tutto per diventare sempre più forte e sempre più minaccioso. È la confusione della guerra, là dove non trovavano spazio i piccoli pesci innocui, quelli che sembrano piccole gemme cadute da un arcobaleno in acqua. I sogni sono scomparsi, come sono scomparsi gli occhi pieni di bontà della sua Sally.

Che cosa ci faceva lui là? In quel fango che non lo lasciava andare, in una terra che non era la sua, a trasformarsi in un mostro dotato di aculei e di tentacoli. Eppure si sentiva un semplice pesce rosso, con la sua corazza dorata che sarebbe stata del tutto inadatta in quel posto scuro e melmoso. Nemmeno sapeva come fare a uscirne da una confusione sconosciuta.

Dopotutto era un semplice commerciante di pesci. Non quelli esotici da esposizione, ma semplici pesci destinati ad acquari casalinghi. I più belli, secondo lui. Dopo Sally, ovvio. Ormai faticava a respirare: forse era colpa dei tentacoli di una vita che si era rivelata ingannatrice, o forse dipendeva dal veleno stillato dagli aculei di un sogno che stava naufragando. O forse si trattava semplicemente di un gas velenoso.