Astolfo non vuole tornare – Pt 7

Seguire una voce che sembrava tangibile, ma che non apparteneva a nessun corpo sembrava pura follia ad Astolfo che, seduto in riva a un laghetto, si chiedeva se qualche porzione del suo senno fosse già scivolata nel mucchio di bottiglie che aveva incontrato all’inizio. Di una cosa, però, era certo: non voleva ancora tornare sulla terra, con tutti i suoi misteri e segreti, con i litigi e le urla. Non era ancora pronto.

Mentre Astolfo se ne stava in contemplazione di un lago un po’ strano, Orlando gettava massi in una risorgiva terreste. Non capiva molto il senso di quello che stava facendo, ma sembrava calmarsi solo in questo modo. Angelica era ben lontana, non sapeva che il paladino dei cristiani era stato avvelenato dal suo stesso amore. Angelica guardava il cielo e immaginava che lassù, da qualche parte, magari sulla luna, un gurdiano dell’universo stesse lavorando intensamente affinché tutte le esistenze potessero volgere al loro scopo. Sperò ardentemente che quell’entità non si dimenticasse di lei.

Mentre Angelica si perdeva tra le stelle, un semplice fante saraceno, Medoro, la guarda con adorazione. I due giovani avrebbero voluto imprimere i propri nomi sulle stelle stesse, ma Medoro ha ancora impresso negli occhi quelli spenti e vacui dell’amico morto per un’impresa che non voleva nemmeno compiere. Medoro non lo avrebbe mai dimenticato.

Mentre Medoro e Angelica cercavano di dimenticare la morte con l’amore, re Carlo si chiese per l’ennesima volta dove diavolo fosse finito il suo fidato Astolfo: si era forse aperta la terra per farlo sprofondare negli inferi?

“Astolfo” intervenne la donna invisibile “Qui sulla luna nulla ha un senso. L’ordine che segue è l’inverso di quello terreno. Perché ti stai attardando? Anche tu vuoi far parte dell’oblio? Se rimani è questo il tuo destino”.

“Voglio sapere chi tu sia. Voglio sapere che cosa ha dimenticato l’umanità”.

“Se ti dicessi chi io sia, ti ricorderesti di me, e io scomparirei da questo mondo lunare”

E ridendo, la voce si allontanò, lasciando Astolfo da solo con i suoi pensieri e con un lago che non smetteva di chiaccherare.

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Astolfo non vuole tornare – Pt 2

Re Carlo doveva essere proprio fuori di sé per considerare Astolfo uno stolto: Astolfo era il cavaliere più saggio e più assennato che l’esercito potesse vantare. E proprio per questo si era assunto il compito di far rinsavire Orlando, che aveva perduto qualsiasi briciolo di senno dopo l’ennesimo rifiuto della bella, diabolica, sfuggente Angelica.

Era partito, dunque, Astolfo. Certo, era un po’ folle pure Astolfo, per accettare di salire su un carro trainato da un ippogrifo per finire sulla luna. Ora, la versione di Bradamante aveva delle inesattezze, ma, si sa, all’uomo piace abbellire i racconti per renderli un po’ più interessanti: il carro su cui era salito l’eroe non era certo di fuoco, e il cavaliere non aveva urlato nulla riguardo alla luna. Nulla da ridire sulla descrizione della creatura legata al carro.

Folle o no, Astolfo aveva attraversato la sfera di fuoco ed era atterrato su una superficie ferrosa, su cui i suoi passi riecheggiavano come se quella sfera fosse vuota. Un po’ titubante si era addentrato in quel mondo sconosciuto, sperando di trovare quel che cercava subito in modo da tornarsene dal suo re. Qualche pezzo del senno era fuggito anche da Astolfo se era così impaziente di tornare in un mondo dilaniato dalle guerre, da ingiustizie, da fame e da amori che non avrebbero mai avuto un futuro.

Il paesaggio che si ritrovò davanti agli occhi non era molto lontano da quello della terra: montagne, valli, laghi, pianure e foreste. Non sembrava ci fossero abitanti, ma Astolfo sentiva distintamente delle voci. L’origine di quel brusio era un cumulo informe di donne stupende, certo, ma incorporee come l’aria e trasparenti come veli.

“Bel cavaliere, guardaci: noi siamo le più belle di tutti i tempi, le più giovani”.

“Ehi, fermati e prova a immaginare creature più affascinanti di noi”.

“Prode eroe, neppure tu riusciresti a resistere ai nostri cori perfetti”.

Astolfo non si fece ingannare: la luna era un enorme collettore di tutto ciò che era stato perso sulla terra, il che comprendeva anche la bellezza, la gioventù e la vanità di quelle ragazze.

Non gli ci volle molto per scovare l’ampolla con il senno di Orlando. Quello che non aveva messo in conto, però, era il fatto che ci fosse anche un’ampolla con il suo nome, Astolfo. La prese, la bevve. E da quel momento cominciarono i guai.

Da quel momento Astolfo non volle tornare sulla terra.

Astolfo non vuole tornare – Pt 1

Laggiù, sulla terra, la guerra infuria, le fanciulle scappano, soldati e cavalieri cercano di recare morte per non soccombere loro alla dama che nessuno risparmia. I problemi sono molti, ma se ne aggiungono di altri: Orlando è impazzito, furioso si aggira per la foresta distruggendo alberi e scagliando massi in laghi che non ritroveranno mai più la loro limpidezza; Astolfo è scomparso. Il re Carlo guarda perplesso le proprie fila: il guerriero più valoroso è stato sconfitto dalle frecce avvelenate di amore, Astolfo non solo è stato incapace di rinsavire quel folle, ma non si è nemmeno degnato di tornare al campo.

Il re si avvicina a Bradamente: “Che cosa è questa storia di carri volanti?”

Bradamante è distratta da un po’ di tempo, e parlando con il suo sire assume un’aria vagamente colpevole: Carlo non sa che i pensieri della guerriera sono tutti per Ruggiero, un bel pagano che militava nell’esercito nemico.

“L’hanno visto, mio re. Astolfo se ne è andato, è salito su un carro infuocato, un carro trainato da una creatura strana, non un cavallo, non un’aquila, ma un insieme dei due animali. Ha urlato qualcosa a proposito della luna. Bisogna essere un po’ folli per avere il coraggio di andare sulla luna”.

Re Carlo sospirò sconsolato: sapeva che l’epoca in cui viveva non si limitava a seguire le regole prefissate dalla natura, ma i suoi cavalieri sembravano fin troppo inclini a credere alle favole raccontate dai vecchi attorno al fuoco. In cuor suo sperò che anche i pagani avessero storie simili, e che in egual misura perdessero i soldati in qualche anfratto di sogno.

Lasciò Bradamante nell’angoscia di dover scegliere prima o poi se tradire il suo esercito o se scappare con l’amato. E si chiese per l’ennesima volta dove si fosse nascosto quello stolto di Astolfo.