Basta numeri

Sto facendo una petizione: basta numeri!

Salute a te, Carassius. Dovresti imparare a salutare: si chiama buona educazione. Poiché la maleducazione dilaga senza freni, dovresti sforzarti a impararla. O ti tolgo il diritto alla parola, vedi un po’ tu.

Tu invece minacci sempre, ma deve essere un difetto degli umani.

Che petizione stai realizzando? E soprattutto, chi pensi di coinvolgere? I pesci tropicali mi sembrano annoiati e infastiditi, non certo interessati e partecipi.

Lascia perdere quei tipi. La petizione è mia contro di te.

Non mi sembra una grande novità.

Prima mi riempi l’acquario di macchine virtuali, migrazioni di dati, server e roba del genere.

Lo sai che è stata una necessità.

Va bene, passi. Ma ora cosa sono tutti questi numeri? Nuoto e incappo in reti di formule, valori, dimensioni. Non mi sembra normale.

Per un po’ ti sarà normale. E poi ce la caviamo meglio del periodo delle macchine virtuali, non ti sembra?

Lo ammetto. Ma quando ci fermiamo? Sono un po’ stanco di occuparmi ora di una cosa, ora dell’altra, e poi di una terza ancora.

Hai ragione, ma questa dovrebbe essere la definitiva. Lo sai, ci aspetta un periodo intenso.

A proposito, chiedo il congedo per metà agosto.

Non provarci. Io sto qua e tu farai lo stesso. Congedo non permesso.

Uffi. Cercherò di annegarmi, così piangerai la morte di un povero pesce rosso.

Mai sentito un pesce rosso morto per annegamento. E comunque tra i pesci tropicali ce ne è uno che conosce le pratiche di primo soccorso. Non pensare di defezionare.

Sblurp, sblardo, prrrsblirp.

Protesta, protesta, tanto non cambio idea.

Segreti

Il silenzio permeava la radura, figure immobili si confondevano con le rocce, gli alberi, la vegetazione che le avvolgeva. Si diceva che quello fosse un posto di stregonerie e magia della peggior specie. Non che le voci avessero tutti i torti, ma, come spesso accade, possono imboccare strada vicine alla verità, senza mai raggiungere quest’ultima.

Che quelle figure potessero essere considerate delle streghe probabilmente rispondeva al vero. Erano donne che credevano in un potere sovrannaturale, e che chiedevano a uno spirito silvestre vendetta per i torti subiti, aiuto per i sogni che stavano svanendo, preghiere di giovane che aveva un futuro incerto e di vecchie, che soffrivano un passato fin troppo certo.

Che quelle donne facessero sortilegi o lanciassero terribili malefici, però, era una costruzione di chi non tollera che ci siano persone pronte a ribellarsi alla vita riservata loro. Ciò che non si comprende, viene demonizzato: quelle donne divennero serve del diavolo stesso e, come tali, nemiche da temere e da eliminare, con il fuoco, con le forza e la violenza.

Ma le fiamme che distruggono la radura e che lambiscono in un abbraccio infernale le vittime sono ancora lontano da quell’angolo quieto di bosco. Ci sono solo loro, che guardano la luna in cielo e bevono in silenzio i raggi gelidi e puri di un corpo celeste capace di risplendere anche senza ardere.

Il fabbricante di bambole – Pt. 4

“Eleonor?” Faber si sentiva confuso e tramortito, come se qualcuno lo avesse colpito alla testa. E dal dolore che provava, sembrava proprio che avesse ricevuto un bel colpo. Tentò di aprire gli occhi, ma ci mise un po’ a mettere a fuoco il volto dello straniero, che lo guardava con un sorriso compiaciuto.

“Ogni promessa è debito. Benvenuto nella nave regale, che la porterà nel regno da cui provengo”.

Faber non riusciva a capire. O meglio, non voleva capire.

“Mi ha rapito?” chiese.

“No, no” osservò l’altro con una nota offesa nella voce “L’ho ingaggiata, è ben diverso. Lei sarà il fabbricante di bambole di corte, almeno per un certo periodo. La pagheremo profumatamente per l’esclusiva, va da sé. Lo consideri un soggiorno all’estero, una pausa dallo squallore quotidiano”.

“Squallore? Io non ho mai accettato. E che ne sarà di mia madre? Mi servono anche i miei strumenti, non posso lavorare senza”.

“Di sua madre non si deve preoccupare. Gli strumenti sono stati imbarcati assieme a lei. Abbiamo portato tutto ciò che era presente nel laboratorio. Compresa questa vecchia pezza che dovrebbe essere una bambola. Che non le venga in mente di fare un obbrobrio del genere per le nostre clienti”.

“Me la dia, quella non è in vendita e non è nemmeno un argomento che le interessi”.

Faber si rialzò anche se le gambe erano ancora malferme e uscì dalla cabina. Aria di mare e una distesa senza fine di acqua gli vennero incontro. Eleonor sarebbe stata così contenta di vedere il mare. E invece non era andata oltre la raduna in mezzo al bosco.

“Chi è Eleonor? La chiamava durante il sonno” chiese il forestiero.

“Nessuno che le possa interessare. E lei, ha un nome o si limita a rapire la gente in anonimato?”

“Ho un nome”.

Faber sbuffò: quel tipo si stava divertendo a sue spese. “E quale sarebbe?”

“Nestor, Consigliere della Corona, per servirla” e fece un ampio inchino.

Eccoci

Bene bene, eccoci in un anno nuovo di zecca. Abbiamo lavorato tutti questi giorni per ritrovarci di nuovo nella casella numero uno. Ma più che un cerchio, ci troviamo in una spirale, una vite di Archimede che gira senza fine in pozzo mal illuminato.

Odio i propositi di inizio anno, o, forse, invidio chi riesce a farli, un po’ di più chi riesce a mantenere fede alle promesse. Personalmete non riesco mai a capire cosa chiedere a gennaio, se non che apra le porte a un anno con qualche soddisfazione in più, e qualche caduta in meno. E non parlo solo di cadute metaforiche.

Forse dovrei chiedergli un briciolo di ottimismo, visto che il signore di rosso vestito se ne è sempre dimenticato.

Cosa dici? Di provare con la vecchis signora di settimana prossima? Dalla regia mi dicono che abbia qualche problema.

In ogni caso mi sembra che anche tu sia uno scaricabarile di professione.