Multiforme – Pt. 5

In una nave la tecnica deve cambiare, anche perché il tempo in luoghi di questo tipo, cambia, si dilata, almeno nella testa dei passeggeri. Non sono possibili gite fuori porta, il paesaggio è una monotona distesa di acqua, e i commensali sono i soliti compagni di viaggio. Quello che hanno bisogni i ricchi fortunati della prima classe è di una distrazione, e se si vuole entrare nelle loro grazie, è meglio trovare il modo per garantirla. E a due giorni dalla partenza ancora non avevo capito come fare: una perdita di tempo inaccettabile.

E Annette, una ragazza piacente che si occupava delle pulizie, costituiva una tessera fondamentale per ottenere le giuste informazioni.

“La duchessa di Greville?” mi chiese dubbiosa mentre si rivestiva. “E chi sarebbe?”

Peccato che la ragazza non avesse nessun interesse per i nomi. Per lei era solo una questione di numeri di camere e di fissazioni di chi vi alloggiava.

“Una vecchia signora, che viaggia da sola verso l’America per incontrare suo nipote” le spiegai.

“Può essere che sia la stanza 106. Più che stanza è un appartamento, ma è evidente che ci sia qualcuno di anziano, vista la quantità di coperte e di corpetti che non vanno più di moda. Una donna sola, comunque: nessuna foto, nessuna lettera da parte di nipoti. Anzi, una foto c’è, messa propria sulla specchiera: è di un cane, uno di quelli piccoli, con gli occhi sporgenti”.

Mi alzai e le cinsi la vita. “Uhm, neppure io ho foto”. “Già, un uomo solo, ma moderno, con una certa passione per i capelli” mi disse con una risata indicando la pomata vicino allo specchio.

“Perché ti interessa quella vecchia?”.

“Magari ho degli strani gusti”. Le diedi un morso scherzo su una spalla e mi affrettai a vestirmi. L’ora del pranzo era vicina.

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Multiforme – Pt. 4

La nave salpò. Anch’io mi unii a quanti se ne stavo sul ponte a salutare i propri cari rimasti a terra, anche se non c’era nessuno venuto a augurarmi un buon viaggio. Mi parve di scorgere il cappello di un certo commissario, ma la fantasia può giocare brutti scherzi: le indagini non erano certo arrivati al punto da ricollegare l’omicidio del conte alla scia di morti misteriose e truffe argute che mi ero lasciato sulla terraferma. In ogni caso, il cappello era sul molo, mentre io stavo salpando verso una terra in cui le mie mani non avevano ancora operato.

“Chi sta salutando figliolo?”

Le anziane signore sono così premurose: si impegnano con il massimo sforzo a cadere tra le braccia del primo malfattore. Fortuna che io non sia un ladruncolo da quattro soldi.

“Mia sorella, signora…”

“Margaret, duchessa di Greville”.

“Duchessa, piacere. Ulysses Mortimer, conte, per servirla. E lei, chi sta salutando?”

“Quel tontolone di mio nipote. Non saprebbe distinguere il suo volto dal muso di un asino. Non che sia una grande differenza. È da settimane che protesta: prima dice che il viaggio è troppo lungo per una persona anziana, poi che in America non avrei trovato niente. Certo, niente a parte suo cugino, un uomo di talento. Ve lo dico io conte: aveva paura che le mie sostanze prendano un’altra via.”.

La vecchia era ancora in gamba, ma era lenta e acciaccata. Era vestita con lusso, ma con una moda che ormai apparteneva al passato. Ma gli anelli che sfoggiava suggerivano una grande ricchezza. Meglio mantenere i contatti con persone del genere, in modo da poterne approfittare al momento opportuno. Duchessa di Greville: se fossi stato sulla terra ferma non avrei atteso a iniziare il mio corteggiamento. Ma in una nave, la tattica deve cambiare.

Tutti in carrozza – Pt. 27

L’inizio non permetteva bene, pensò Andrea mentre noleggiava una modesta carrozza che li portasse vicino al porto. Il piano era acquistare due biglietti di seconda classe per l’America. Era l’unica possibilità fattibile: in terza Ivonne avrebbe patito, in prima avrebbero aiutato attirato troppa attenzione.

Scoprirono che la nave sarebbe salpata la settimana dopo, per cui i biglietti erano quasi esauriti se non per una sola cabina, che avrebbero dovuto condividere. L’alternativa era aspettare un mese abbondante in una città ostile, con il pensiero di essere raggiunto dall’uomo minaccioso.

“Ivonne, tanto per essere chiari, chi è tuo marito? “

“Un mercante”

“Ha conoscenze molto particolari”.

Ivonne rise: “Non tutti i commerci sono leciti “.

Andrea sapeva che i guai erano solo iniziati.

Galleggiare

C’è un relitto che se ne va a spasso per le acque degli oceani. Una nave fantasma, dicono i marinai, ma i fantasmi non esistono. È solo un legno colpito da una fortuna non benevola.

Una volta doveva essere un maestoso veliero, ma si trattava di tempi lontani e ormai perduti. Un tempo quel relitto risuonava di voci, ma ora gli unici rumori udibili erano gli scricchiolii che avrebbero portato il legno a sprofondare nel nulla.

Quel relitto si è svuotato di uomini e merci, e si è riempito di storie, che trascina con fatica sulle onde capricciose di un mare non sempre benevolo. E quando arriverà il momento, quelle storie si trasformeranno il mille bolle trasportate dalle maree in acque lontane.

Navigare tra le stelle

Raccontano fatti che sembrano essere sogno, visioni di una mente fantasiosa.

Ho sentito di un marinaio stanco del mare. Quella distesa liquida, volubile e instabile, gli era venuta a noia. Avrebbe voluto valicare quell’orizzonte che sfumava nel cielo terso. E i giorni che passava tra le onde divennero sempre più lunghi, malinconici, pesanti. Voleva cambiare, voleva scoprire gli oceani celesti.

Dicono che ci sia del vento nell’universo. E dove c’è vento, pensò il marinaio, si può sempre navigare. Costruì con le sue mani una nave e con pochi intrepidi la mise in mare. Approdò in un’isola strana, abitata da animali singolari, cani, uccelli e maiali dagli occhi umani, e da una donna, magnifica e terribile. Dicevano fosse una dea. Le chiese come fare a valicare il confine del mondo, quel limiti che aveva sempre davanti a sé e che mai avrebbe raggiunto.

Fece esattamente ciò che quella donna gli aveva detto. In una notte senza nubi e senza vento salpò. Sotto la nave il cielo era diventato uno specchio, e rifletteva le costellazioni i pianeti, le stelle lontane. E gli sembrò di volare.

Vide la sfera infuocata del sole, che girava su se stessa. Vide i pianeti che erano attratti come falene da quella massa incandescente. Spiegò le vele, che subito si gonfiarono. E passò tra galassie nebulose, meteoriti impazziti, schivò meteore e comete. Raggiunse la stella più luminosa nel cielo, e scoprì che era solo un enorme masso che vagava nell’universo.

Si spinse oltre, raggiunse pianeti mai visti, desolati alcuni, altri con della vegetazione o con delle creature. Non si fermò, perché voleva procedere, voleva sapere. E così solcò il cielo passando tra le case dello zodiaco, e scoprì l’inconsistenza di quegli animali celesti.

Ascoltò la sinfonia dei pianeti, e il silenzio assoluto, così totale da farlo quasi impazzire. La sua mente non avrebbe mai concepito un’assenza del genere. Vide enormi e fameliche voragini che tutto ingoiavano. Vide piccoli meteoriti che trivellavano grandi globi.

Chiuse gli occhi, li riaprì. E si trovò sulla sua nave. Dal cullare tranquillo si rese conto di essere di nuovo sul mare. All’orizzonte uno spiraglio di luce intimò alle stelle di scappare.

Ammainò le vele e si diresse piano verso l’orizzonte.