La nave salpò. Anch’io mi unii a quanti se ne stavo sul ponte a salutare i propri cari rimasti a terra, anche se non c’era nessuno venuto a augurarmi un buon viaggio. Mi parve di scorgere il cappello di un certo commissario, ma la fantasia può giocare brutti scherzi: le indagini non erano certo arrivati al punto da ricollegare l’omicidio del conte alla scia di morti misteriose e truffe argute che mi ero lasciato sulla terraferma. In ogni caso, il cappello era sul molo, mentre io stavo salpando verso una terra in cui le mie mani non avevano ancora operato.
“Chi sta salutando figliolo?”
Le anziane signore sono così premurose: si impegnano con il massimo sforzo a cadere tra le braccia del primo malfattore. Fortuna che io non sia un ladruncolo da quattro soldi.
“Mia sorella, signora…”
“Margaret, duchessa di Greville”.
“Duchessa, piacere. Ulysses Mortimer, conte, per servirla. E lei, chi sta salutando?”
“Quel tontolone di mio nipote. Non saprebbe distinguere il suo volto dal muso di un asino. Non che sia una grande differenza. È da settimane che protesta: prima dice che il viaggio è troppo lungo per una persona anziana, poi che in America non avrei trovato niente. Certo, niente a parte suo cugino, un uomo di talento. Ve lo dico io conte: aveva paura che le mie sostanze prendano un’altra via.”.
La vecchia era ancora in gamba, ma era lenta e acciaccata. Era vestita con lusso, ma con una moda che ormai apparteneva al passato. Ma gli anelli che sfoggiava suggerivano una grande ricchezza. Meglio mantenere i contatti con persone del genere, in modo da poterne approfittare al momento opportuno. Duchessa di Greville: se fossi stato sulla terra ferma non avrei atteso a iniziare il mio corteggiamento. Ma in una nave, la tattica deve cambiare.