Passeggeri – Pt. 7 Viaggiare

Che treno è mai questo che avanza nella notte con il suo carico incompleto di anime che non riescono a trovare il loro posto nel mondo? O forse qualcuna ha scovato la propria casella e l’ha trovata troppo squallida per essere accettata.

È un treno colmo di sogni. Anche chi si è perso, anche chi trova le rotaie così rassicuranti per la loro immutabilità, è capace di sognare. Ognuno custodisce nel suo cuore un’immagine, un obiettivo colmo di illusione e di speranze.

È un treno colmo di paura e di dolore, di violenza e di dolcezza. I passeggeri lo sentono, lo percepiscono nell’aria, per questo mantengono le distanze gli uni dagli altri. Nessuno osa sedersi di fronte a un altro, come se si volesse evitare la possibilità che gli occhi si incrocino. Nessuno nemmeno rivolge la parola ai compagni di quel breve tratto di vita. Scivolano come ombre dentro e fuori lo scompartimento, dentro e fuori il serpente di ferro per essere inghiottiti dal buio esterno o dalla luce fioca all’interno.

E talvolta sono fiochi i lampi che attraversano gli occhi.

Potrei anche

Potrei anche chiudere gli occhi e lasciarmi sospingere dal vento. Che faccia ciò che vuole questa brezza, che guidi il mio corpo verso terre che parlano lingue diverse.

Potrei anche affidarmi a un respiro dal ritmo tranquillo, lontano dalla frenesia di un mondo che non conosce requie.

Potrei anche guardarti una volta in più negli occhi, quelle pupille che si dilatano di stupore e che cercano di nascondersi per non rivelare una vita che non sempre è apprezzata.

Potrei anche lasciar perdere. Per una volta, almeno per questa, lasciar scivolare via le parole di chi si sente assiso su un trono scintillante prodotto dalla propria fantasia. Basterebbe lasciarli parlare e tacere, senza affannarsi per cercare un qualche argomento che non urti una qualche dotta convinzione.

Potrei anche seguire la corrente, senza lottare sempre per risalirla.

NYX

Nyx, la notte, è una delle poche dee che Zeus teme. Non per la sua oscurità, ma per il fatto che è più antica dello stesso re dell’Olimpo, signore dell’ordine. Nyx discende direttamente dal primordiale Caos, una radice che tutti tendono a dimenticare e a tralasciare.

Se ne va alata e indisturbata, risiede nel cielo e non viene disturbata da alcun mortale. Troppo antica e troppo oscura per rientrare in un culto, se ne sta in alto e schiude i suoi occhi neri e scintillati sui segreti che uomini e dei tentano di celare tra le pieghe del suo mantello.

Nyx è una divinità da temere e da non indispettire.

Proteggere

Proteggo con gelosia questo cuore che a volte non capisce come vada il mondo. Proteggo questa mente labirintica, questo pensiero che non è capace di trovare una soluzione o una pausa. Proteggo questi sogni, anche quando si ridimensionano fino a diventare degli spilli, luminosi e appuntiti, ma molto facili a perdersi.

Proteggo un vaso di cristallo che si è rotto più volte e che ogni volta è stato ricostruito con qualche difficoltà aggiuntiva. E cerco di trovare un motivo valido, di lasciar andare ciò che da tempo è già partito e di venire a patti con decisioni difficili.

Proteggo per non sprofondare nell’accontentarsi di una vita alla quale mancano troppi pezzi.

Passeggeri – Pt. 6 Luna

Vai a sapere perché i genitori l’avessero chiamata come un satellite. Capisco una stella, un pianeta, ma un satellite condannato a rimanere in equilibrio tra la fuga e la rovina non porta molto bene. C’era chi apprezza il suo nome, dopotutto era il volto che rischiarava la notte, tanto da essere stata trasformata in una divinità. Ma erano lontani quei tempi.

Luna aveva abbandonato gli studi non appena aveva potuto. Non era fatta per seguire le righe sui libri, non capiva neppure cosa le volessero dire. Date, formule, commenti non facevano parte dei suoi interessi. Lei era un animale notturno, forse proprio a causa di quel nome. Avrebbe potuto diventare una scienziata secondo suo padre, ma lei aveva preferito la strada della magia.

Non che avesse strani poteri, affatto. Ma la gente tende a credere a una persona dalla faccia rassicurante e con un nome terrestre. L’avevano accusata di essere un’impostora, ma alla fin fine si limitava a dire ciò che le persone vogliono sentire. Per il denaro che chiedeva, si trattava solo di un modo per sopravvivere.

Non si trovano spesso persone capaci di spronare i desideri più ambiziosi, la tendenza più comune è quello di affossare. È una capacità per la quale si può pagare.

Passeggeri – Pt. 5 Senza Nome

Pezzi di ricambio. Il suo lavoro era trovare pezzi di ricambio, di ogni tipo e per ogni macchina, dalla più banale, dal giocattolo alla più complessa, come il corpo umano. E voi non avete idea di quanti pezzi di ricambio si possano trovare in un treno notturno.

Era conosciuto come Senza Nome. Era probabile che la sua vera denominazione si trovasse in qualche documento gettato nella spazzatura e in qualche libro pubblico, ma non nella vita dell’interessato. Il suo compito era muoversi senza lasciare traccia di sé, senza che il suo operato venisse attribuito alla sua persona, o a mano umano.

Senza Nome cercava i ricambi per far tornare tutto come era prima. Nello scompartimento aveva già adocchiato qualche elemento interessante: una ragazza disperata pronta a tutto pur di avere un po’ di soldi, un ragazzo stanco della propria vita.

Senza Nome prendeva i peggiori pezzi, li lucidava e poi li rimetteva sul mercato migliorati e luccicanti. Dicono che Senza Nome sia solo una maschera per uno psicologo che si è stancato dello studio e che è andato a cercare la disperazione negli anfratti più oscuri

La sola a rimanere sveglia

La notte è stranamente calma oggi. Non ci sono rumori, se non i mormorii della casa. Nessuno è sveglio, nessuna anima vigila sulle stelle che brillano con timidezza. Solo io mi ritrovo in questo angolo a guardare il soffitto, o l’ombra che cela il soffitto.

C’è un certo senso di esclusione unito a una sottile invidia per chi si è già dimenticato della giornata e fa correre le ore della notte fino all’alba successiva. In questa stanza, invece, le ore si attardano appesantite dalla fatica di una lunga camminata che non accenna a rallentare.

Il mondo che non dorme si rigira là fuori come anime incapaci di trovare riposo. Sono solitudini che si intrecciano in silenzio e che portano il silenzio della notte chiuso nel cuore.

Errore di sistema

Sembra che l’empatia si basi sul sistema dei neuroni specchio. Tendiamo a immedesimarci nell’interlocutore leggendo e facendo propri i gesti e i sentimenti di chi ci sta di fronte. È un sistema curioso, che alcuni tendono a eliminare per trasformarsi in muri di gomma, ma non è di questa categoria su cui mi voglio soffermare.

Mi è capitato che i neuroni specchio si blocchino, non riescano a trovare i segnali a cui aggrapparsi per scalare una persona, per comprenderla. Non è una bella sensazione: gli occhi che cerchi di comprendere comunicano solo un grande vuoto. Si tratta di un nulla insano, quello di chi non ha da dire, che si trincera in frasi fatti e in dogmi che non richiedono riflessione. È il vuoto vertiginoso di un baratro di cui non si vede fine.

Il risultato è l’impossibilità di comprendere, di trovare quel filo in comune sui si basa la ragnatela di rapporti e di scambi anche solo cordiali che prevede un incontro. Che storia può mai celare un libro del tutto in bianco?

Su una faccia inespressiva, i neuroni specchio si arrendono e annotano l’urgenza di non perdere mai il proprio complesso spessore.

Il tempo delle luci

In una distesa di balli luminosi è difficile trovare l’esatta intermittenza luminosa. Il tempo concesso è limitato alla sola notte: con i primi raggi, i fievoli lumini impallideranno fino a scomparire del tutto. A volte non sono le tenebre, ma è il sole che fa piombare nell’ombra.

La ricerca del giusto segnale potrebbe essere considerata perfino vana, potrebbe sconfinare nell’impossibilità. Troppe variazioni dello stesso tema possono confondere fino all’annichilimento. Eppure la bellezza di questa danza muta e silenziosa rapisce l’animo.

Una piccola luce lancia il suo segnale, un codice di luce che spera possa essere compreso e decriptato da un suo simile. Si tratta solo di un singhiozzo di luce, un timido richiamo che si perde nella moltitudine di altri insetti, così simili, ma che che parlano una lingua del tutto estranea.

La ricerca si prolunga, si fa disperata, può terminare con un successo o può svanire al cospetto di una luce ancora più potente.