Riparo

Il cielo si stava sfogando, anche se senza ira, senza violenza. Si era limitato a nascondere il sole, ad avvolgere il mondo con un manto grigio e a lasciar cadere con calma una pioggia che non rallentava la corsa. Le strade luccicavano e il rumore delle fontane faceva a gara con quella delle gocce.

Non era un giorno triste, era un giorno come ogni altro, solo con qualche rumore in meno. Nella pioggia si perdono le voci delle chiacchere, le persone si rifugiano all’interno di case e locali, e se qualcuno si avventura fuori, accelera per arrivare a destinazione il prima possibile. Il mondo cambia e si ritira in un pigro letargo, almeno per un giorno.

Ma in un angolo della città, tra i tavolini gocciolanti di un bar, piccoli passeri saltellavano esagitati. Il giorno di pioggia era per loro un giorno di diversità, di gioco. Arruffavano le penne e cercavano qualche briciola. Nessun piede li scacciava, nessun bambino li rincorreva.

In un giorno di pioggia, in un giorno di tristezza, frammenti di allegria zampettavano sul selciato.

Multiforme – Pt. 2

Sembrerà scontato, ma con me porto sempre una copia dell’Odissea: è uno dei pochi libri che ho apprezzato a scuola. Dicono che Alessandro Magno avesse con sé l’Iliade: forse i libri prediletti indicano la vera natura di un uomo. Di certo non potrei mai incarnare l’iracondo Achille o l’ingenuo Paricle, morto a causa di un costume non adatto.

Questa storia inizia proprio con un costume, ma non foriero di morte, come quello di Patroclo. Bisogna saper scegliere la propria maschera, o si rischia di cadere vittima della propria trappola. Ma è meglio andare con ordine.

In questo secolo molto sta cambiando e io voglio sfruttare ogni possibilità. In effetti, il mio fine è quello di trarre vantaggio da ogni situazione. Che tipo di vantaggio? Per lo più economico. Sono riuscito ad accumulare ingenti sostanze, necessarie per corrompere e per mantenere una certa credibilità. E poi c’è la soddisfazione personale nel vedere un mio piano attuato. E per raggiungere questo scopo, sono pronto a tutto. E con tutto, intendo anche commettere i crimini più efferati.

Mi sono imbarcato per l’America sotto il falso nome di Ulysses Mortimer, un conte. Non è stato difficile: il vero conte Mortimer è stato debitamente eliminato, e il suo documento modificato con abilità: non potevo certo viaggiare con un nome come Alexander, un condottiero semidivino che poco mi si addice. Niente di più facile che contraffare un documento: d’altronde in una mia vita precedente sono stato anche un vile falsario. Vile, certo, ma credetemi, è una professione che permette di guadagnare bene.

Quando i giornali diedero la notizia che il ricco e solitario conte Mortimer era stato ritrovato a marcire, ormai cadavere, in un canale fuori Londra, io ero già in mezzo all’oceano, e non avete idea di quali proficue conoscenze si possano fare in prima classe.

Multiforme – Pt. 1

Che cosa sono stato? Sono stato tutto e sono stato niente. Forse la risposta giusta è che sono stato un’enorme menzogna, e per sopravvivere a questo mondo serve saper raccontare la propria verità con la massima convinzione. E io posso dire con orgoglio che sono un sopravvissuto.

Non sono un angelo, è più probabile che possa essere annoverato tra i diavoli. Molti di voi mi potrebbero considerare un truffatore, un avanzo di galera degno solo di essere rinchiuso in una qualche cella e dimenticato dall’umanità. Ma io cammino impunito tra di voi, i benpensanti che sanno essere più camaleontici di me.

So recitare, indosso maschere con eleganza e disinvoltura. Ci sono stati momenti in cui il mio teatro di cartapesta è stato intaccato da una mente acuta, ma sono sempre riuscito a ritagliarmi una via d’uscita. Mi pento di questa mia condotta? No, certo che no. Chiamatelo gusto per il pericolo, dipendenza dalla fuga, ma io sono a mio agio in questa stanza di specchi. Ho qualche rammarico? Certo, come tutti.

Torniamo, però, al quesito principale: chi sono? Non saprei, ma la narrazione esige un nome. In questa storia ne ho trovato uno: Ulisse. L’eroe che non vuole essere l’eroe, il multiforme ingegno è un costume che mi sta a pennello. E infatti con questo nome mi conoscono i protagonisti di questa vicenda.

Questione di tempo

Ci sono botteghe che vivono in una dimensione diversa. Quella di bambole ne è un esempio: basta entrarci per trovarsi in un mondo diverso, fatto, di corpi simili a quelli reali, ma inerti e senza vita, simulacri senza anima e senza voce. E poi ci sono gli orologiai che nei loro negozi danno una forma alla più inafferrabili delle dimensioni, il tempo.

Nella bottega dell’orologiaio si univano arti diverse: quella del meccanico che gioca con ingranaggi e viti, quello dell’artista che crea un oggetto elegante e anche quello dello scienziato che cerca di riprodurre con legno e metallo il cammino del tempo. La Bottega delle Lancette era un perfetto esempio di questo connubio, grazie alle mani esperte dell’artigiano Philippe. Le mani di Cronos era il soprannome che gli veniva affidato dal suo collaboratore, Ernst, ma solo quando Philippe non era presente.

Lavorare con il tempo non è semplice: i suoi effetti sono evidenti, ma solo se si ha la pazienza e la fermezza di vederli e accettarli. Lavorarci tutto il giorno richiede attenzione e cura. Ogni orologio era per Philippe una creatura unica, ma tutti i suoi manufatti avevano un cuore che batteva all’unisono.

Era tutto questione di tempo. Il battere dei meccanismi scandivano il tempo, tanto che all’interno del negozio sembrava di essere in un cuore pulsante, una camera viva e vibrante, una sensazione dovuta al rumore ora forte, ora più delicato di tutti i meccanismi che vi trovavano rifugio.

Le mani di Cronos producevano perfetti strumenti che venivano comprati da ricchi e da poveri, da persone famose e da quelle anonime. Per quanto diversi tutti, però, si scoprivano soddisfatti dopo aver comprato una scatola che illudeva di aver intrappolato in tempo.

Colori

Guardi il mondo con gli occhi di tutti i giorni, ma al mondo non servono le solite lenti per poter essere amato. Al mondo serve uno sguardo sempre nuovo e pronto a stupirsi, una mente allegra capace di vedere e di sentire anche con il cuore.

Guardi il mondo e non vedi. O meglio, vedi una semplice gradazione di grigi, un’accozzaglia di accostamenti che stonano, una cacofonia che non ha senso. A questo caos sfuggi impaurita, da questa confusione ti nascondi, come una bambina quando sente il tuono avvicinarsi minaccioso.

Non tutto cela pericoli, e a volte la confusione è solo dentro il cuore e nella mente, ma non al di fuori. I colori giocano, all’alba delicata segue la forza prepotente del giorno e l’intensità del tramonto. Si passa dalla delicatezza della nascita alla forza della fine. Azzurro, bianco, ocra, verde danzano in un ballo che non ha coreografo.

Non avere paura di vedere tutti i colori della vita. Non temere di esserne abbagliato. E se anche dovesse succedere, ne vale la pena.

Passeggeri – Pt. 12 Capolinea FINE

Ogni viaggio, come ogni esperienza, deve arrivare a una sua conclusione. E lo stesso per il treno di notte. Alla fine tutto si ferma, la corsa perde completamente la sua forza, si affievolisce e non trova più l’impulso che lo possa spingere oltre.

L’arrivo al capolinea implica che anche le anime più indecise devono scendere e perdersi nella vasta terra che se ne sta immobile e che si apre con i confini inesplorati. Dentro le carrozze tutto è più definito e più sicuro, assume i confini conosciuti che lo sguardo può abbracciare.

Il capolinea segna la fine dei sogni, le palpebre riprendono il loro ritmo dopo che gli occhi sgranati si erano persi nella notte. E dopo un sospiro il viaggiatore che si attarda, abbandona la sicurezza di una carrozza, e, con un sospiro, torna alla vita.

Passeggeri – Pt. 11 Controllore

Non molti amano il Controllore su questo treno, in realtà in nessun treno. È probabile che il nome non aiuti molto, dato che a nessuno piace essere controllato.

Tenere sotto controllo anime vaganti non è semplice, perché si rischia di cadere nello stesso abisso che si vede negli occhi di alcuni passeggeri. Il controllore incrocia per pochi istanti vite che non gli appartengono e non rispondere alle richieste d’aiuto che tacite lo raggiungono.

Il Controllore aveva già commesso degli errori quando era inesperto e la sua anima cercava di aiutare le sue simili. Ma quella donna, quella ragazza con il mare negli occhi e il dolore nella carne. E quando il dolore diventa parte dell’esistenza, viene trasmesso anche a chi sta vicino.

Lo stava trascinando e non verso un porto sicuro, ma verso il vuoto in cui la vita stava trascinando la ragazza. Non era riuscito a salvarla, ma aveva perso qualche cosa di sé.

E da quel momento si era ripromesso che a quelle persone non avrebbe chiesto altro se non il biglietto. Si era trasformato, si era nascosto come il paesaggio che invisibile sfrecciava al di là del vetro. Anche se talvolta era molto difficile.

Ottobre

Ha un nome un po’ cupo questo mese, forse per le due o, o per il fatto di essere l’emblema dell’autunno. Il calore dell’estate è ormai terminato, ci si trovo in quella grigia attesa che anche quest’anno si decida a lasciare spazio a qualcosa di nuovo.

È un mese che staziona in una zona di neutralità, per ora non è mai stato né positivo né negato, limitandosi a quell’indifferenza nella quale nessuno vorrebbe trovarsi incagliato.

Non questa volta. Questa volta ottobre ha un suo senso, ha un suo valore, quello del nuovo inizio. Promette che qualcosa si sta facendo largo tra mille difficoltà e delusioni. Certo, sarebbe più adatto a un mese più solare, ma non anche ottobre non è da disdegnare, se mantiene le sue promesse.

Nulla è da disdegnare se riesce a soddisfare promettenti richieste.